Lasciamoci sedurre dalla Parola di Dio

Al di là della ricchezza intellettuale degli scritti degli esegeti e dei biblisti e delle ragioni profonde ricercate e analizzate dai teologi, il monaco seguendo la  tradizione oltre millenaria della Lectio Divina fa la sua ricerca attraverso l’ascolto profondo del cuore dove trova “frammenti di un discorso amoroso”. 
Il monaco non cerca l’esperienza accademica della Parola e neanche si mette in ascolto con uno spirito scolastico, ma aprendo l’orecchio del suo cuore, secondo l’insegnamento di San Benedetto, nel Prologo della Regola, fa un’esperienza personale ed interiore. 
Nella frase che il Cardinale Newman ha scelto come suo motto, “Cor ad cor loquitur, il cuore parla al cuore”, il monaco ritrova il perché della sua Lectio, della sua Meditatio, della sua Oratio, e piacendo al Signore della sua Contemplatio.
La Lectio divina è l’esperienza del cuore illuminato dalla fede con l’aiuto della ragione e incarnato poi dall’amore che si fa amare. 
Ogni incontro con la Parola si apre al mistero della kenosis che è l’esperienza di reciproca accoglienza del divino nell’umano e dell’umano nel divino.
È un incontro di umile crescita come diceva San Gregorio Magno: «Scriptura cum legente crescit, il testo e persino il Testo sacro cresce con il suo lettore».
La Parola di Dio possiede grandi capacità di seduzione, una tendenza ad ipnotizzare oltre che ad analizzare, ed un potere che è inseparabile dalla verità che crea. 
Ogni lettura risveglia con un pugno sul cranio, mandando la mente giù fino alle profondità del proprio cuore.
Ogni lettura si trasforma così in un atto di innamoramento.
Come per il monaco, così per ogni cristiano che si lascia sedurre dalla Parola di Dio si ha la più grande esperienza che avviene tra Dio e l’anima dell’uomo quando ama e si lascia amare.
Come insegna la spiritualità monastica, la visione donata durante l’ascolto della Parola manifesta la via, la verità e la vita che sono “l’Alfa e l’Omega” dell’esistenza stessa, attraverso quell’incontro luminoso con l’amore .
In questo Tempo di Pasqua abbiamo la grazia di poter essere accompagnati, nei quaranta giorni di Cristo Risorto fino all’Ascensione, dal Vangelo di Giovanni. 
E in questo periodo ci è donata o meglio rivelata una Visione dove ci troviamo non più di fronte alla Parola, ma al suo interno.
I misteri celebrati in questo tempo sono la realtà pura di Dio, Dio che ci ama da tutta l'eternità.
Questo non lo conferma soltanto la mente, ma la mente unita con il cuore e tutto ha inizio col battere del cuore che riconosce sempre, come la prima volta, che questo tempo, quest’ora è la più bella di tutta la storia umana.
Con l’orecchio del cuore, la Parola alle volte è feroce, critica e perfino condanna, ma è anche paziente, premurosa e tenera com’è ogni discorso amoroso. 
Più di una volta ci troviamo a dover asciugare gli occhi quando ci accorgiamo di quanto amore senza perché, il cuore di Dio vuole versare nel nostro cuore sempre, un amore sovrabbondante e traboccante al punto da far impazzire i ragionamenti umani.
L’Abate consegna l'abito monastico dicendo:
RICEVI QUESTO ABITO MONASTICO E CONSERVA NEL TUO CUORE LA FEDELTA' AL SIGNORE CHE TI E' RICORDATA DAVANTI A TUTTI DA QUESTO SEGNO DELLA TUA CONVERSIONE.

L’Abate consegna al novizio la Regola con queste parole:
ECCO LA REGOLA SOTTO LA QUALE VUOI MILITARE; SE TI SENTI DI POTERLA OSSERVARE ENTRA, ALTRIMENTI VAI VIA LIBERAMENTE.

Dopo di ciò gli dà il nome con queste o simili parole,
come gli sembrerà meglio nel Signore:
COME TI CHIAMI?
Il probando dice il proprio nome.
E l’Abate dice:
DA ORA IN AVANTI TI CHIAMERAI N.
oppure
AL NOME DI BATTESIMO AGGIUNGERAI IL NOME “ MARIA”, AL CUI PATROCINIO SEI AFFIDATO .
Lectio, il monaco sperimenta una lotta corpo a corpo e sentendo la terribile presenza dell’Altro che si fa Parola per diventare carne della sua carne, si lascia interrogare. 
E come avvenne all’inizio del Noviziato, il futuro monaco si lascia rinominare come Giacobbe permise all’angelo nell’enigmatica lotta avvenuta tra di loro e durata fino allo spuntare dell’aurora.
«Quello disse: “Lasciami andare perché è spuntata l’aurora”. Giacobbe rispose: “Non ti lascerò se non mi avrai benedetto!” Gli domandò: “Come ti chiami?” Rispose: Giacobbe”. Riprese: “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto”» (Gen, 32,27-29). 
Il monaco affronta, come Giacobbe, per l’intera notte (l’intera vita) questo incontro-scontro per poi trasformarsi in comunione. 
Infatti, per l’intera notte, il monaco impara come incontrare, abbracciare e perfino danzare insieme con l’Altro.
La lotta tra il patriarca Giacobbe e l’angelo ha dato origine ad una tradizione di infinite interpretazioni teologiche, filosofiche, artistiche, psicoanalitiche ma, anche profondamente umane, così umane da portare il sapore divino.
Senza voler svelare il volto dell’Altro, senza pretendere di afferrarlo, il monaco resta abbracciato in una lotta che, però, dà un abbraccio di morte, con fede e perseveranza, le ferite e le lacerazioni inferte si trasformano miracolosamente in occasioni di trasformazione e di vita.
La Lectio del monaco è un lungo processo di conversione del proprio cuore che si apre e si dilata affinché possa avvenire una conversazione con l’Altro. 
Il monaco, come ogni cristiano che si lascia “chiamare” dalla Parola, sa che la sua vita è un cammino verso l’Altro.
Detto semplicemente, il monaco, prima di fare o pensare, bramare o decidere alcunché, e perciò al di qua di tutto ciò che può pretendere di ascrivere alla sua libertà, non può non essere votato all’Altro, destinato e ordinato all’Altro, perennemente aperto e in cammino verso l’Altro.
Il monaco, come ogni cristiano, in questa sequela con Cristo-Parola non è l’amatore frettoloso o l’amante appassionato.
Il ”cor ad cor loquitur” è una conversione che è inversione radicale, o meglio inversione dal “tutto al Tutto” che dà accesso alla vita nuova, una vita che non si sfiora con un bacio frettoloso e negligente, ma viene adottata e abbracciata come si abbraccia la sposa.
Questo parlare “cuore a cuore” non è semplicemente uno scambio di idee o di ragionamenti perché qui si tratta di una conversazione fatta “con tutta l’anima”.
La Lectio Divina del monaco piano piano costituirà un vero “lascito” biblico e spirituale. 
Durante il corso della sua vita percorrerà le Sacre Scritture dalla Genesi all’Apocalisse facendone emergere una sorprendente mappa di un itinerario che vuole fare della sua vita una vita sempre più rassomigliante al suo unico ideale Gesù Cristo.
Nella lettura orante dove scruta le origini ed il fine della storia sacra, come nell’interpretare il legame tra la sua vita, la chiesa e il mondo o nel penetrare nel mistero di lode dei salmi il monaco vedrà dischiudersi il mistero della sua vocazione monastica intimamente unita al mistero della chiesa e della vita umana intera.
«Solo quelli che hanno amato la Sapienza come una donna, 
e una donna (sublime cortesia, inaudito conoscere) come la Sapienza,
hanno ricavato dalla Parola di Dio tutta la possibile luce».
(Guido Ceronetti)
Il monaco sta sulla soglia misteriosa di un possibile rapporto che rimarrà comunque un evento enigmatico dove l’Altro si protegge nella sua alterità assoluta lontano dalle facili strumentalizzazioni identitarie. 
Purtroppo la storia del Cristianesimo è inquinata dai desideri umani, troppo umani che trasformano il potere dell’amore in amore per il potere.
L’incontro con l’Altro apre ad un avvicinamento fecondo di conoscenze divine e umane che trasformano i linguaggi in preghiera e bellezza. 
Come ci insegnano i Padri del deserto, la vera sincerità non è raccontare una cosa aderente ai fatti, ma mettersi in gioco, sempre, fino all’ultimo giorno, totalmente.
Il silenzio monastico insegna che tutti i linguaggi sono strumenti di trasformazione e non solo di descrizione, ed è il silenzio che custodisce, nutre e trasforma le parole in rivelazioni e condivisioni.
«Lampada per i miei passi 
è la tua Parola,
luce sul mio cammino
».
(Sal 119,105)
Ecco il vero significato dell’incarnazione della Parola viva e luminosa all’interno dell’anima trasformata del monaco e di ogni cristiano impegnato “nell’ascolto”. 
La Parola luminosa è il traguardo discreto e silenzioso del monaco che dal “Testo puro” della sua quotidiana Lectio divina fa la “traduzione giusta” per il suo vivere monastico.
La Pentecoste è il miracolo del particolare che si apre all’universale e questo è un’esperienza straordinaria che fa il monaco ogni volta che si mette a pregare la Parola di Dio. 
Infatti l’altro è per il monaco l’interlocutore con cui si instaura il dialogo sui testi e dal quale nasce la comunità.
Leggere la Scrittura con altri, nella chiesa è anche un traguardo spirituale di ogni comunità ecclesiale.
Oggi la Lectio Divina, lasciarsi sedurre dalla Paola di Dio, è più che mai necessario se vogliamo un rinnovamento della chiesa.
I monaci con la Lectio Divina cercano di leggere insieme per illuminarsi a vicenda, meravigliarsi dell’inatteso e dell’inaudito, e poi ripartire per approfondire e maturare ulteriormente.
Secondo la Regola di S. Benedetto il monaco è un erede della Bibbia e con l’orecchio del cuore si mette in amoroso ascolto della Parola che salva. 
Ancorandosi nella Parola il monaco impara come stabilirsi nella carità ed è da qui che nasce la vocazione universale alla santità.
Il compimento delle Scritture insegna che il monaco come ogni cristiano deve lasciarsi condurre al di fuori di se stesso cioè vivere nella vita, morte e risurrezione di Cristo, ecco il dono della Pentecoste.

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